No, non mi sento un travel blogger. E nemmeno un puro esteta. Di quelli in grado di trovare gli scorci più belli e suggestivi del posto che stanno visitando immortalandoli con foto da migliaia di like sui social.
Credo di appartenere di più alla scuola dei romantici. Quelli che dei viaggi si portano dietro soprattutto le disavventure, le stranezze. Le singolarità. Che bella parola “singolarità”. Quanto di più vicino possa esistere all’aggettivo “unico”, al quale però non mi sento di ricorrere, per ovvie mancanze. La singolarità è bella perché si attacca sui ricordi come la Nutella al pancarrè, il miele alle fette biscottate, Salvini all’inutilità. E’ un binomio perfetto, inscindibile, capace di restituire alle scampagnate oltre confine quell’aura di incredulità tale da trasformarle in straordinarie esperienze di viaggio. Quelle che saltan fuori sul muretto all’esterno dei bar, con gli amici di sempre e la birra gelata. Fondamentale anche quella, ovviamente.
E allora eccole le mie 3 singolarità sulla scampagnata thailandese. Ce le ho attaccate addosso, sono superficie e radici dei miei ricordi di viaggio.
I pali della luce
Avete presente quella sensazione di magia che accompagna l’elettricità e ci fa chiedere ogni tanto com’è che arrivi in ogni angolo delle nostre città? Ecco, in Thailandia quell’aura non esiste. In compenso ogni 20 metri c’è una selva di fili attorcigliati, poco sopra l’altezza di passeggio, che ronzano come cicale in calore.
Ma come, i cavi della corrente sono scoperti, esposti alle intemperie e viaggiano poco sopra le teste delle persone? Esattamente. Ci rimangono attaccati diversi elettricisti ogni anno (gentile confessione di un indigeno) ma ormai sono così tanto parte dell’arredo urbano che quasi fa brutto interrare tutto e salvare vite umane (in realtà la frittata è fatta e ricablare il tutto costerebbe troppo, ndr).
Abbiate pietà e compatitemi. Lo farei anch’io se al primo posto di una lista di “singolarità” di un viaggio in Thailandia trovassi i pali della luce. Ma l’interrogativo è così grande da non poterlo sciogliere da solo. Perchè?
Umidità
Credete di conoscerne il significato, vero? E invece no. Non avete idea di cosa sia l’umidità. Credetemi, non siete neanche lontanamente in grado di comprenderne l’esatta trasposizione in sensazione umana. A meno che non abbiate avuto esperienze equatoriali, in tal caso sapreste esattamente cosa intendo. A tutti gli altri restituisco un’immagine che si avvicina il più possibile a quello che ho provato a Bangkok nell’istante esatto in cui ho lasciato la meravigliosa aria condizionata dell’aeroporto di Suvarnabumi.
Immaginate di essere sotto un temporale estivo. Pioggia scrosciante, cielo nero e qualche tuono. Ovviamente senza ombrello e 30 gradi a rendere tutto più magico. All’improvviso vi rendete conto che nonostante la pioggia state sudando. Il sudore gronda da fronte ed ascelle con un flusso maggiore dell’acqua che vi cade in testa. Un tripudio di acque dolci e saline che si azzeccano alla pelle senza possibilità di refrigerio. Nel frattempo, una cappa di calore vi opprime la pelle e l’anima così da stimolarvi le peggiori fantasie suicide, rapidamente abbandonate in favore del primo negozio con climatizzatore e ventilatore. Si perchè lì ci sono entrambi, uno deumidifica l’aria e l’altro te la spara addosso per tenerti in vita.
Provare per credere.
Lo Sky Bar
“Vai in Thailandia, la vita costa pochissimo e con pochi euro fai il pascià…”
Queste parole mi sono rimbombate nella testa più e più volte mentre sorseggiavo il mio calice di vino pagato 30 euro (trentaeuro) sul rooftop più esclusivo di Bangkok. Il Sirocco Sky Bar è una di quella esperienze di lusso sfrenato che meritiamo tutti una volta nella vita. E pazienza se è costata molto più di quanto avessimo preventivato…
Quale sia la singolarità di questo posto, ovviamente, trascende anche in questo caso la normalità. Fantastica la vista sulla capitale, tutta Bangkok sembra inchinarsi ai tuoi piedi da lassù. Meravigliosi i tavoli, il barman a picco sui 65 piani che ti separano dalla terraferma. Tutto meraviglioso, ma mai come il bagno. Si, il bagno.
E’ andata più o meno così.
“Ragazzi andate in bagno…”.
“Ma non dobbiamo andare, davvero”.
“Ragazzi, dovete andare in bagno. Fidatevi”
Avete presente la scena di “Cado dalle nubi” in cui Checco Zalone viene caldamente invitato ad andare in bagno perché lì c’è la cocaina? Beh, la sensazione è stata quella. Senza la coca ovviamente.
Ad indicarci la strada per la toilette, almeno quattro accompagnatori. Ogni 10 centimetri un sorriso ed un braccio che si agita mostrandoti la strada. Inusuale, ma andiamo avanti.
All’ingresso del bagno un pinguino fa gli onori di casa riservandoci un’accoglienza regale. Ed è qui, varcata la soglia della toilette, che nasce la mia terza singolarità thailandese.
Mr Penguin (ho deciso di chiamarlo così per semplificare la narrazione) ci accoglie all’interno del bagno, ci indica gli orinatoi al muro e vi ci accompagna quasi fosse la cosa più naturale del mondo. Arrivato in prossimità di quest’ultimi però, con un balzo felino, ci salta davanti e schiaccia con i palmi delle mani i due pulsanti per far scendere l’acqua. Con la medesima leggiadria torna sui suoi passi e si apposta con tanto di braccia incrociate e sorriso sornione dietro le nostre spalle.
Espletate le naturali funzioni con non poca difficoltà (considerato lo sguardo attento del nostro accompagnatore) lasciamo che ci guidi ai lavabi dove, con lo stesso balzello di prima, ci apre contemporaneamente le manopole dell’acqua versandoci con non so quale altro arto il sapone sui palmi. Il tempo di strofinare e sciacquare le mani che Mr Penguin è già pronto con due asciugamani in attesa soltanto di essere raccolti. E’ lì, in quel preciso momento, che si è sfiorata la tragedia.
Il fato ha voluto che mi trattenessi un istante in più del dovuto prima di prendere le asciugamani dal vassoio. Istante che si è rivelato fatale per il pinguino . Proprio in quel momento un altro uomo, ignaro dei servigi che Mr Penguin gli avrebbe dovuto riservare, ha varcato la soglia di quel luogo magico e senza tempo. Raramente ho incontrato uno sguardo più severo ed al contempo speranzoso. Il pinguino era lì, freezato tra l’impossibilità di aiutare il nuovo entrato e quella di congedarmi prima che io prendessi l’asciugamani. Un istante lungo un’eternità con un epilogo commovente.
Mr Penguin ha scelto me. Ed è stato meraviglioso. Ancora oggi un velo di compassione avvolge il mio cuore ripensando a quell’uomo che, a causa del mio asciugamani, si è visto strappare dai ricordi la sua singolarità.
Grazie.