Aveva scelto di lasciare Napoli molto prima che terminasse lo scorso campionato. Molto prima che il San Paolo ribollisse di passione per il tecnico che, come nessun altro, aveva riavvicinato i partenopei al tricolore.
Il Chelsea lo aveva sondato e cercato a metà campionato, raccogliendo il suo entusiasmo e il suo desiderio di consacrazione. Successo che ha meritato tassello dopo tassello, dalla provincia al trionfo in Europa League. Maurizio Sarri si è meritato il Chelsea ed oggi la Juventus.
Ma, per farlo, ha lasciato indietro “i cadaveri” di chi ha proiettato in lui molto di più di quello che fosse realmente. Era, resta e sarà solo e soltanto un professionista. La favola del Comandante resta un vaneggiamento di una parte del tifo che sfugge quotidianamente al contatto con la realtà, con l’effettiva dimensione del Napoli e del calcio.
Sarebbe bastato che, al termine della scorsa stagione, il tecnico trovasse il coraggio di dire a chi lo amava la verità: certe opportunità, professionali ed economiche, arrivano una sola volta nella vita. Accettare è un dovere verso se stessi.
E invece no. Ha preferito farsi scudo della società, aggrovigliando ulteriormente il rapporto col tifo. Inasprendo le critiche, paventando apocalittiche previsioni di ridimensionamento, fingendo che di lì a poco ci sarebbe stato uno smantellamento. E’ partito solo Jorginho, destinazione Londra. Sponda Blues, casa di Sarri. Il Napoli ha rilanciato col migliore allenatore italiano. Ripetendo gli stessi, identici, risultati. Smentendolo, denudandolo.
Sarri deve delle scuse perché non ha detto la verità. Tradendo la passione di chi lo amava, di chi lo idolatrava e anche di chi semplicemente lo supportava con distacco.
Ha dipinto un futuro che non si è mai concretizzato. Si è creato l’alibi perfetto per la fuga dorata, sospinto dalla credibilità che un pubblico ebbro di passione non poteva non riconoscergli. Ha creato le condizioni della lunga e deprimente annata di contestazione alla società ed alla squadra. C’è, nella finzione del suo racconto scorso, una quota di responsabilità su quel vento pretenzioso e ostile che ha aleggiato pesantemente sul San Paolo lungo tutto l’arco della stagione.
Oggi Maurizio Sarri è un “professionista nudo”. La Juventus, uno scranno meritatissimo che ha conquistato a suon di vittorie e qualche bugia in malafede.
Saranno proprie queste bugie, sempre e soltanto queste, la più grande pecca della sua esperienza a Napoli.
Di certo Sarri ha le sue responsabilità, ma non si può citare, in questo giudizio, a mio avviso sin troppo duro nei suoi confronti, una società, dunque un presidente che a quanto a “dire la verità” é sul fondo di una ipotetica classifica nel panorama calcistico nostrano. Restano 3 anni magici, non coronati dal più bello dei “premi” per via di qualche (per usare un eufemismo) opacità nell’anno del debutto del Var. Dopo la recente sconfitta del nostro ex condottiero, sulla panchina degli acerrimi nemici, per me restano parole oneste e non da “paraculo” come detto da qualcuno. Come non sottolineare la tattica meschina di ADL nell’addossargli tutta la colpa del suo addio. Negli ultimi 25 anni di Napoli, quei 3, restano un eccellenza, così importante, che per inerzia ha portato un secondo posto, al suddetto miglior allenatore italiano, che siedeva su quella panchina, arrivato come chissà, invece l’anno successivo (in corso), quando ha potuto mettere mano sulla squadra, ci siamo ritrovati a seguire una squadra a tratti imbarazzante. Un biennale d’oro, nonostante gli anni ai box, alla fine della favola, abbiamo assistito ad un benservito : una squadra in totale confusione, e per Ancelotti una fuga, doppiamente d’oro, a quanto pare già pronta.